Creare una brand identity con il Design Thinking

1 Lug, 2021 | Metodi e strumenti

Il mio metodo di lavoro per creare un logo e un’identità di brand.

Nonostante sia un metodo codificato già da una ventina d’anni, parlare di Design Thinking oggi, fa ancora tendenza e spesso si stenta a capire di cosa si tratti, leggendo o ascoltando gli evangelisti del metodo, che millantano grandi visioni e filosofie, ma riportano pochi esempi.
Ecco, qui è dove ti darò due dritte – se è la prima volta che senti questo termine – e ti racconterò come io applico e adatto questo metodo, concretamente, nella progettazione delle identità di brand.

Il Design Thinking, così definito, risale agli anni 2000, ovviamente in California. Nasce negli studi di design e si riferisce a un metodo di risoluzione di problemi complessi attraverso un approccio dinamico che valorizza le persone, l’agire creativo, la rapidità e la prototipazione reiterata. (Azz’, che paroloni! Non ti preoccupare, entriamo subito nel merito).

Questo metodo viene usato per progettare prodotti e servizi, soprattutto in ambito tecnologico, di software, di interfacce… Ma anche in ambito di formazione e consulenza strategica.
Di solito si utilizza in team di aziende strutturate o in piccoli team di startup.
Io lo utilizzo per lo più da sola, con i miei clienti, e in qualche caso con collaboratori che ne condividono i principi.

Il Design Thinking si compone di 5 fasi, (che possono essere reiterate totalmente o parzialmente, in un processo dinamico, fino al raggiungimento del prodotto perfetto).

Vediamo fase per fase, come si applicano alla progettazione di un logo e più in generale di una brand identity.

Empatizzare

Si tratta della raccolta del brief: cosa c’è da fare e per chi?
Io procedo con un questionario iniziale, e a seguire una videochiamata (o un incontro dal vivo) per conoscere la persona e approfondire i vari punti. Fare conoscenza con il cliente, capire chi è, qual è il suo approccio, i suoi obiettivi, le sue esigenze comunicative, ma cogliere anche eventuali dubbi, timori e resistenze.
Di solito la mia raccolta di informazioni si divide in 3 parti:

  1. Il business: informazioni, contatti, dimensioni, proposta di valore, vision & mission, attività – principali e secondarie, canali di comunicazione, storia, competitors, ecc.
  2. Obiettivi e target: del business in generale (ad esempio, in una prospettiva temporale, fra un anno e fra 10 anni), e specifici dell’attività che stiamo per intraprendere – ad esempio, raggiungere un nuovo target, comunicare un cambio prodotto, farsi conoscere, riposizionarsi sul mercato, ecc.)
  3. Angolazioni e prospettive: questa è la parte più simpatica, in cui faccio domande anche strambe, ma che mi dicono molto sull’attività e sul cliente (soprattutto se è medio/piccolo), ad esempio chiedo “se il tuo business fosse un… animale, una pianta, un cibo, un film, un libro, una canzone… cosa sarebbe? Oppure mi faccio suggerire motti, citazioni, parole chiave legate all’attività.

Di tutte le informazioni che raccolgo, faccio una “spremuta concentrata” in cui fisso i miei 3 pilastri che terrò sempre a mente in ogni fase della progettazione: obiettivi & target – proposta di valore – personalità. Per tenerli sempre a mente me li scrivo su un foglio che appendo o a cui faccio “un’orecchia”, se è su un quaderno, e/o creo una board visiva fatta di immagini e parole.

Definire

La fase più lunga e impegnativa del processo. È il momento della ricerca, del brainstorming, (dell’insonnia) e della sedimentazione.

  1. Ricerca: sulla base del brief, inizio a leggere libri, articoli, blog, riviste, letture indicate dal cliente o semplicemente fonti che mi fanno entrare nel merito della sua attività: cosa fa concretamente, che problemi lavorativi e comunicativi deve affrontare, come è percepito il suo lavoro all’esterno, cosa e come comunicano i suoi competitors? Ascolto musica, guardo documentari, riempio una moodboard su Pinterest con ogni ispirazione possibile.
  2. Brainstorming: utilizzo diverse tecniche di brainstorming, dalle associazioni libere, alle mappe mentali, alla suddivisione dei concepts in colonne, all’associazione di immagini, ai bozzetti su carta. A ogni progetto può applicarsi meglio un metodo o un altro.
    In genere in questa fase il mio desktop pullula di cartelle dai nomi improponibili e la mia scrivania fisica è al culmine del suo astrattismo, con pile di quaderni e fogli sparsi, portapenne aperti, tazzine di caffè… visto da fuori può sembrare affascinante, ma in realtà è come stare al trentesimo km di maratona dentro a una giungla.
  3. Sedimentazione: a queste fasi più creative si alternano momenti necessari di distacco, passeggiate, esperimenti ai fornelli, film rilassanti, attività manuali, cene con amici, minuziose osservazioni del soffitto. Pause che, oltre a preservare la salute fisica e mentale, lasciano al cervello il tempo e lo spazio di far sedimentare le informazioni e generare collegamenti. In modo da poter tornare al lavoro con lucidità, idee, chiarezza ed energia.

Come potrai immaginare, questa non è una fase lineare da svolgere in sequenza, ma spesso i momenti si intrecciano, si alternano o convivono.


Ideare

Talvolta l’inizio di questa fase si innesca nella fine della precedente, senza un confine ben tracciato, ma di solito comincia di mattina, nel pieno della mia energia mentale.
È il momento in cui definisco le linee guida. In particolare procedo con:

  1. Immagini e concepts: faccio una bella scrematura e decido su quali immagini e concetti voglio lavorare.
  2. Un brainstorming visivo e manuale: scrivo il nome del brand in corsivo, in maiuscolo, in minuscolo, abbozzo segni grafici, immagini, forme, idee di sviluppo visivo dei concepts.
  3. Caratteristiche: che tipo di colori userò? Che genere di font? Quali soluzioni grafiche possono esprimere i miei concepts… linee spesse o sottili, astrazione o figurazione, spigoli o curve, e via dicendo.

“La profondità va nascosta.
E dove?
In superficie.”
[Hugo von Hofmannsthal]

Prototipare

Molti miei colleghi prima di realizzare digitalmente i loghi, presentano ai clienti dei bozzetti manuali, delle idee scritte dei concepts che intendono esplorare. Da un certo punto di vista li capisco e non li biasimo, rischiano meno di sprecare tempo su idee che il cliente non approverà.
Io però preferisco presentare direttamente delle proposte semi-funzionanti. Magari migliorabili, magari potenziabili, ma già digitalizzate e che fondamentalmente stanno in piedi. Dei prototipi, appunto.

Questo perché trovo che spesso i bozzetti e i concetti espressi con le parole siano difficili da immaginare e quindi da valutare. Penso che attraverso i prototipi le persone riescano a focalizzare meglio i ragionamenti, a rispecchiarsi o meno in modo più concreto e approfondito, a generare a loro volta nuove idee… che spesso un bozzetto non riesce ad evocare.

Testare

Voilà, le prime proposte sono pronte ad essere impacchettate (virtualmente) e inviate al cliente, che mi darà i suoi primi feedback. Raramente fra le prime proposte c’è già quella definitiva: di solito viene individuato il concept, che, tornando alla fase di ideazione o di prototipo, si andrà a definire meglio o a sviluppare e potenziare.
Altre volte, il gioco si fa anche più duro, nessuna delle proposte incontra l’immaginario del cliente. Si vagliano allora le motivazioni, si scava ancora un po’ e si riparte dalle fasi precedenti.
Al momento del test, anche individuare quello che non funziona è un passo in avanti, perché restringe il campo, permette di mettere a fuoco dove le idee erano confuse (e si può non accorgersene fino a questo momento!), si definisce sempre meglio la traiettoria.

Learn and repeat

Di solito il giro di proposte si reitera 2 o 3 volte. Raramente di più, raramente di meno.
Questo metodo mi piace perché mi dà modo di conoscere ed entrare con profondità nel merito delle realtà con cui e per cui lavoro. Lascia spazio alla mia autonomia lavorativa, ma coinvolge anche in modo attivo e creativo il cliente, che si appassiona con me ad ogni fase, fornendo un contributo prezioso, imparando a sua volta qualcosa e rimanendo soddisfatto di un risultato che sente pienamente suo.

E tu, hai esperienza di Design Thinking? Vuoi raccontarmela?
O vuoi saperne di più sulla creazione di una brand identity?
Bando alla timidezza, scrivimi, siamo qua per questo ☺

Immagine di copertina di Ivan Drokonov da Pixabay

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